Sono arrivata a Verona il giorno stesso, per l’ora di pranzo, con la valigia sottobraccio e l’amica fidata a fianco, quella ragazza che mi ha convinto in un giorno di sei anni fa a guardare la seconda edizione di Ti Lascio una Canzone.
Verona è splendida, compatta, storica, dà un senso di libertà e, quasi come se l’arte avesse stretto un patto con la natura, la giornata è splendida, un degno ultimo giorno d’estate. L’Arena è illuminata dal sole, calda, pulsante: Ignazio, Piero e Gianluca sono appena entrati nel grande teatro per iniziare le prove generali e i suoni si diffondono per tutta Piazza Bra. Si sentono spezzoni del medley di Pino Daniele, di En Aranjuez con Tu Amor, Volare… non resta che sedersi sugli scalini per ascoltare in religioso silenzio, circondati da gruppi di fan che tendono l’orecchio cercando di capire quali saranno le modifiche apportate alla serata, desiderando vedere le prove all’interno dell’Arena.
Quasi avessero interpretato i nostri pensieri, i ragazzi (ma a tenere il telefono è Ignazio) si filmano su Periscope mentre cantano: viene inquadrato Gianluca mentre canta Can’t help falling in love e Piero con E Lucean le stelle.
Il mio primo pensiero guardando i cancelli chiusi e stringendo il telefono in mano è la frase di Jonathan Safran Foer, tratta dall’omonimo libro: molto forte, incredibilmente vicino. Credo che nulla in quel momento potesse interpretare meglio le emozioni che tutti stavano provando nell’essere seduti fuori dall’Arena, cinque ore prima del concerto, sapendo che loro erano lì, a pochi metri, vicino a noi, ma una storica arcata ci separava.
Non mi va di passare tante ore seduta su quegli scalini, ho voglia di vivere Verona: è tempo di visitare Giulietta e cercare un po’ di fortuna – magari riuscirò a incontrarli? Chi lo sa, si può solo promettere a se stessi di provarci, nel rispetto della privacy altrui.
I cancelli aprono alle sette, per assicurare a tutte le 15.000 persone di posizionarsi prima dell’inizio: l’emozione e l’adrenalina crescono e mi fanno dimenticare di non aver ancora cenato (e credetemi, non è cosa da poco); ma ho finalmente realizzato di essere nelle prime file delle gradinate, praticamente in braccio agli operatori RAI e di conseguenza il mio stomaco ha perso il diritto di protestare. Il Volo: siamo cresciuti insieme. Siamo coetanei e per un puro gioco della sorte e una fidata amica – vedi sopra – li ho scoperti quando nessuno ancora avrebbe osato immaginare il loro futuro; mi sento come se invece lo avessi sempre saputo, avessi partecipato in qualche modo a un pezzo della loro vita. Continue reading →